Le lucciole del mattino

La storia di Davide inizia in una mattina come tutte le altre.
Il bambino si era svegliato con il suo solito entusiasmo, aveva fatto colazione ed era andato a scuola con il suo zaino in spalla.
Poi in classe durante la lezione di italiano, la maestra gli aveva chiesto di leggere ad alta voce dal suo posto quello che c’era scritto alla lavagna. Davide aveva alzato gli occhi dal quaderno e stava per rispondere alla maestra quando si accorse che non riusciva a capire cosa ci fosse scritto. Aspettò per un attimo, strizzò gli occhi ma niente: sapeva che c’erano delle parole davanti a lui ma non riusciva proprio a distinguerle. Era strano.

lavagna

La maestra si accorse della difficoltà del bambino e chiese a Davide di avvicinarsi di più alla lavagna. Il bambino non capì perché doveva alzarsi dal suo banco, ma lo fece. Giunto a due passi dalla maestra, finalmente riuscì a leggere bene quello che c’era scritto e si tranquillizzò.
«Marco abitava nella casa vicina a quella di Federica» lesse Davide finalmente contento.
Purtroppo, però, quel piccolo problema non si era davvero risolto.
Dopo la scuola, la maestra raccontò l’episodio ai genitori di Davide che, dopo una visita oculistica, scoprirono che il bambino aveva bisogno di indossare degli occhiali da vista. Il medico l’aveva chiamata “miopia”: Davide aveva capito che era questo il motivo per cui non vedeva più bene le cose lontane.
Il giorno dopo la mamma l’aveva portato a comprare gli occhiali in un negozio: Davide ne aveva provati tanti e alla fine ne aveva scelto un paio blu. Tutti quanti non facevano che dirgli che gli stavano benissimo e che adesso aveva proprio l’aria di un ometto, però Davide non era davvero convinto.
Con il tempo, si era abituato a indossare gli occhiali e ormai portarli non gli dava più tanto fastidio. Però a volte la mattina provava ancora a non metterli per andare a scuola: alcuni suoi compagni lo prendevano in giro chiamandolo “quattr’occhi”. Poi, quando giocavano in cortile, spesso non lo sceglievano in squadra perché dicevano che poteva farsi male se la palla lo colpiva in faccia. Così Davide provava a togliersi gli occhiali dicendo che non ne aveva bisogno per giocare, ma ogni volta non riusciva a vedere in tempo la palla e faceva guadagnare punti all’altra squadra.

Occhiali blu

Ormai senza occhiali vedeva sempre peggio: non riusciva a capire che forma avessero le cose lontane, mentre le più vicine avevano i contorni confusi. Tutte le luci sembravano tante grandi lucciole rotonde e la notte la luna piena sembrava gigante.
A volte Davide passava intere ore a guardare la sua stanza con e senza i suoi occhiali: gli sembrava incredibile come quando non ci vedeva bene la sua stanza diventasse irriconoscibile.
«Non è giusto!» gridava arrabbiato. «Perché tutti gli altri non hanno bisogno degli occhiali per vederci bene e io invece sì?!». La mamma in quei momenti cercava di consolarlo.
«Piccolo mio, lo capisco che per te è difficile da accettare e che non ti sembra giusto.
Ma devi pensare alla cosa più importante: che puoi riuscire a vedere bene come tutti gli altri! Ti basta indossare i tuoi bellissimi occhiali blu e tutto è chiaro come per chiunque. E poi non c’è niente di male nel portare gli occhiali, Davide, anzi! Ti stanno proprio bene! Sai che anche tuo nonno li aveva?».
Ma il bambino non voleva sentire ragioni. La sera quando andava a dormire sperava di aprire gli occhi l’indomani mattina e di vedere tutto benissimo.
Puntualmente, però, apriva gli occhi e vedeva la luce del sole che filtrava dai buchi della serranda in tante bolle luminose, le “lucciole”, come le chiamava lui. Allora allungava la mano fino agli occhiali blu che tanto odiava, li indossava e finalmente le lucciole scomparivano.

Serranda

Una domenica fece una piccola gita con i suoi genitori nella vecchia casa di campagna del nonno.
«Io e papà dobbiamo fare un po’ d’ordine qui al piano terra, Davide. Se vuoi, puoi fare un giro per la casa. Puoi andare nella stanza dei giochi al piano di sopra, se ti va. Da piccolo ti piaceva tanto, ricordi?» gli disse la mamma appena arrivati.
«Sì, mamma!» rispose Davide salendo le scale di corsa.
La casa del nonno gli era sempre piaciuta tanto. A differenza della sua casa in città, quella era enorme e fuori aveva un immenso giardino. Quando sua mamma era piccola, il nonno le aveva costruito una capanna di legno sull’albero più vecchio, capanna che poi era diventata quella di Davide. Ormai, da quando il nonno non c’era più, era stata smontata definitivamente, però il bambino era rimasto legato a quell’albero.
Ma i ricordi più belli di Davide erano legati alla stanza dei giochi al primo piano. Lì, nei pomeriggi piovosi di agosto, il nonno gli aveva costruito le cose più belle: intere ferrovie con un treno giocattolo radiocomandato che fischiava persino; città di costruzioni di legno colorate; capanne fatte con vecchie coperte. E storie. Il nonno aveva sempre una storia da raccontare. Davide lo adorava per questo.
Da giovane era stato un esploratore e aveva girato il mondo. Non c’era foresta o deserto che non avesse attraversato. Non c’era avventura che non avesse vissuto. E Davide non si stancava mai di ascoltare quelle storie.

Cappello

Proprio nella stanza dei giochi, dove adesso era appena salito, era appesa una foto del nonno in bianco e nero con il suo cappello da esploratore e… i suoi occhiali! Era proprio come aveva detto la mamma! Anche il nonno portava gli occhiali allora! Davide aveva completamente dimenticato quel particolare. O forse, prima di indossarli lui stesso, non ci aveva mai fatto veramente caso.
Incuriosito, si avvicinò alla foto appesa nella stanza. Gli occhiali del nonno erano sottilissimi: due cerchietti trasparenti davanti agli occhi e due stanghette quasi invisibili fin dietro alle orecchie. Guardandolo adesso, Davide pensò che non riusciva nemmeno a immaginare il nonno senza i suoi occhiali. Che strano…
Abbassando lo sguardo sotto la fotografia, Davide vide un piccolo baule di legno scuro che non riconobbe. Non ricordava di averlo mai visto in quella stanza. Forse il nonno l’aveva spostato dalla soffitta l’ultima volta che aveva fatto pulizia…
Guardando più attentamente, Davide si accorse che attaccata al coperchio si trovava una specie di “tasca” trasparente con un piccolo foglio ingiallito. Aveva l’aria di essere vecchio.
Davide lesse ad alta voce.

Se più lontano vuoi vedere,
prima qui dentro devi guardare.
Ma se lo scrigno vuoi aprire
la sua chiave devi trovare.

Il suo colore è il più scuro che vedi
nel fiore di carta che resta in piedi.
La sua forma, invece, è chiara come il sole:
è quella della luce, la stessa a tutte le ore.

Attento però, non ti fare ingannare:
non tutti per certo la posson trovare.
Già quattr’occhi saran troppi:
ne bastan due senza raddoppi.

«È un indovinello!» gridò felice Davide.
«Cosa dici, tesoro? Io e papà non ti abbiamo sentito!» urlò in risposta la mamma dal piano di sotto.
«Niente, niente, mamma! Stavo giocando!» disse subito Davide.
Non stava più nella pelle: doveva risolvere quell’indovinello e scoprire cosa conteneva lo scrigno del nonno! Serviva a guardare lontano, quindi doveva essere qualcosa di importante! All’inizio aveva pensato che potessero essere gli occhiali del nonno, ma poi ci ripensò: quelli non se li sarebbe potuti togliere mai, altrimenti non avrebbe visto più niente… E poi non li avrebbe messi di certo in quel vecchio baule impolverato!
Inizialmente, Davide provò a sollevarlo per vedere se dal rumore riusciva a capire cosa conteneva, ma quel legno era troppo pesante, accidenti!
Allora passò a guardare la serratura.
Aveva una fessura normalissima per una normale chiave, si disse.
Bene. Non rimaneva che cercarla. Doveva essere in quella stanza.
“Il suo colore è il più scuro che vedi nel fiore di carta che resta in piedi” diceva la filastrocca. Quindi, innanzitutto bisognava capire dove fosse quello strano fiore… Davide iniziò a guardarsi intorno con attenzione. Immediatamente, lo sguardo andò nella direzione della finestra del balcone, dove di solito la mamma metteva le piante. Però in quella casa non c’erano piante, anzi: non c’era proprio il balcone! La finestra aveva soltanto una ringhiera dove era legata semplicemente una girandola… che sembrava un fiore! “Un fiore di carta che resta in piedi”! Ma certo! Davide era raggiante di gioia per aver risolto il primo indovinello.

Girandola

Subito si avvicinò alla finestra per vedere da vicino la girandola che ruotava fuori mossa dal vento. Tutti i petali erano identici: nella parte più piccola e più vicina al centro erano azzurri; poi diventavano gialli e, nella punta finale, bianchi. Davide non ebbe problemi a individuare il colore più scuro dei tre, così si mise all’opera cercando nella stanza una chiave azzurra.
Doveva essere facile da trovare, pensò. Di solito le chiavi sono dorate, argentate o, al massimo, nere. Una chiave azzurra sarebbe stata facilissima da trovare.
Così Davide iniziò a guardare nelle scatole dei giochi sparse per la stanza: quella del trenino, quella delle costruzioni, quella delle coperte per le capanne… Ma niente.
“Forse si trova sulla libreria…” pensò Davide. Nella stanza c’era una piccola libreria bassa dove il nonno teneva tutti i libri di favole che aveva letto a suo nipote e, prima ancora, alla sua mamma. Davide guardò con attenzione su tutte le mensole ma non vide nessuna chiave azzurra. C’era soltanto qualche pupazzo di peluche e una ciotola con qualche pedina della dama.
Dopo quel primo giro di perlustrazione, Davide pensò di guardare dietro la porta, sotto le scatole e persino sotto il tappeto grande al centro della camera. Tuttavia, in nessuno di questi posti trovò traccia di una chiave.
Un po’ sconfortato, tornò al baule per rileggere l’indovinello e vedere se aveva dimenticato qualcosa.
“La sua forma, invece, è chiara come il sole: è quella della luce, la stessa a tutte le ore”. Cosa voleva dire? Che forma ha la luce? Nessuna, pensò. Quell’indovinello non voleva dire proprio nulla.

Luce

Davide stava per arrabbiarsi con il nonno, anche se non era lì per poterglielo dire. Aveva scritto proprio un indovinello stupido!
Come per dimostrare questa idea, Davide continuò a rileggere.

Attento però, non ti fare ingannare:
non tutti per certo la posson trovare.
Già quattr’occhi saran troppi:
ne bastan due senza raddoppi.

“Quattr’occhi”, come lo chiamavano i suoi compagni a scuola. Odiava quel modo di dire, e adesso odiava di più quell’indovinello stupido. Se quattr’occhi erano troppi, allora per certo lui non poteva trovare la chiave proprio perché portava gli occhiali, era già un “quattr’occhi”.
Arrabbiato con il nonno e arrabbiato con gli occhiali, Davide li lanciò via e si sedette a terra con lo sguardo imbronciato. Come aveva potuto il nonno scrivere una cosa così cattiva su chi indossava gli occhiali?! Proprio lui che li portava?! Non era giusto! Era così arrabbiato che gli veniva da piangere.
Il bambino si girò di nuovo verso la finestra e riconobbe dritta sulla ringhiera la girandola, ancora in movimento, gialla e bianca… gialla e bianca? Ma com’era possibile? Poco fa aveva visto che c’era anche l’azzurro sui petali di carta della girandola! Eppure adesso, mentre la guardava da seduto, gli unici colori che riusciva a vedere Davide erano giallo e bianco. Stupito, si stropicciò gli occhi, togliendo qualche piccola lacrima che nel frattempo gli aveva inumidito gli occhi. Guardò di nuovo verso la finestra con gli occhi asciutti ma niente: la girandola aveva ancora solo due colori. Incredulo, si alzò e andò vicino alla finestra per guardare con attenzione.
D’improvviso, quando si trovò vicino alla girandola, il cerchietto azzurro sui petali ricomparve, e il bambino capì cosa era successo. La parte azzurra, che era piccolissima, da lontano era diventata invisibile e per vederla senza occhiali Davide doveva avvicinarsi di più alla girandola. Proprio come a scuola, quando si era avvicinato alla lavagna per vedere meglio e all’improvviso le lettere erano diventate chiare.
“Ma allora” pensò Davide “guardando da lontano la girandola senza occhiali, il colore più scuro era il giallo, visto che l’azzurro scompariva”. Quindi doveva cercare una chiave gialla, non una chiave azzurra?
“Non tutti per certo la posson trovare” diceva la filastrocca. E se l’indovinello avesse voluto dire “Non tutti, ma solo quelli che portavano gli occhiali”? E che da lontano vedevano diversamente, proprio come Davide e come suo nonno?

Occhiali

“Già quattr’occhi saran troppi: ne bastan due senza raddoppi” continuava l’indovinello. Allora forse Davide doveva cercare la chiave del baule senza i suoi occhiali…
Il bambino aveva ritrovato la voglia di risolvere quell’indovinello che adesso gli sembrava molto meno stupido di come aveva pensato.
Però, prima di tutto, doveva scoprire cosa significava proprio tutta la filastrocca dall’inizio. Si affrettò a riacciuffare i suoi occhiali. Per fortuna erano caduti sul tappeto ed erano rimasti sani. Li inforcò più velocemente che mai e corse al baule per rileggere ancora una volta tutto l’indovinello. Se voleva risolverlo, doveva rifare tutta la ricerca senza occhiali.

Il suo colore è il più scuro che vedi
nel fiore di carta che resta in piedi.
La sua forma, invece, è chiara come il sole:
è quella della luce, la stessa a tutte le ore.

Se guardando la girandola senza occhiali il colore più scuro che vedeva era il giallo, qual’era allora la forma della luce senza occhiali?
Davide si tolse subito gli occhiali per scoprirlo. Ma anche così la luce non aveva una forma precisa: c’erano cose illuminate e altre al buio e basta. Il bambino si sforzava di trovare la forma della luce ma in realtà non sapeva nemmeno dove cercare.
Di nuovo, rivolse lo sguardo verso la finestra da cui entrava la luce del sole nella stanza dei giochi. Però il sole non si vedeva, era ancora dietro la serranda alzata della finestra. Davide vide ancora una volta le “lucciole” attraverso i buchi della serranda, come le chiamava lui. Quei puntini luminosi che scomparivano non appena si metteva gli occhiali… Ma certo! Le lucciole! Ecco qual’era la forma della luce! Il cerchio!
“La sua forma, invece, è chiara come il sole: è quella della luce, la stessa a tutte le ore”. Era proprio vero! Quando le guardava senza occhiali, anche la luce della luna o quella delle candele era sempre a forma di cerchio, proprio come il sole attraverso i buchi della serranda. Incredibile! Non se n’era mai accorto prima di allora! E pensare che aveva sempre odiato quelle lucciole…

Cerchi

Improvvisamente a Davide il fatto di non vedere come tutti gli altri sembrava una cosa unica e particolare. In fondo, se voleva vederci “bene” gli bastava mettere gli occhiali, mentre soltanto alcuni avrebbero potuto capire cosa vedeva lui senza. “Alcuni” come suo nonno.
Adesso che aveva decifrato anche l’ultima parte dell’indovinello, non gli rimaneva che individuare la chiave del baule, ovvero un cerchio giallo, come una moneta o… una pedina della dama! Davide si rimise in fretta gli occhiali, poi corse alla libreria e iniziò a cercare una pedina gialla. Tuttavia, quelle nella ciotola erano solo bianche e nere. Il bambino rovesciò il contenuto della ciotola sul tappeto e trovò solo pedine di quei colori, insieme a pupazzetti di plastica, palline di gomma e… un gettone giallo! Quello sì che poteva fare al caso suo!
Felice per la scoperta appena fatta, Davide saltò in piedi e andò a verificare la sua intuizione. Non vedeva l’ora di scoprire se aveva avuto ragione.
Con le manine sudate per l’emozione, inserì il gettone giallo nella fessura del baule: entrò perfettamente nel buco e cadde con un leggerissimo tonfo all’interno dello scrigno di legno. Immediatamente dopo, la serratura scattò e il coperchio del baule si sollevò leggermente. Si era aperto.
Davide non credeva ai suoi occhi. Era riuscito a risolvere l’enigma del nonno e adesso poteva scoprire quale ricompensa gli avesse riservato.

Scrigno

Lentamente, Davide sollevò del tutto il pesante coperchio dello scrigno e vi scoprì un binocolo. Una volta ne aveva visto uno simile in mano al papà. «Con questo puoi guardare lontano» gli aveva spiegato il padre mentre gli metteva attorno al collo la cinghia che lo teneva.
Tuttavia, Davide aveva dimenticato completamente la sensazione di tenere in mano un binocolo da quella volta di tanto tempo fa. E poi questo non era un binocolo qualunque: questo era il binocolo di suo nonno! Quello che aveva in tutte le fotografie, anche in quella in bianco e nero appesa nella stanza dei giochi! Quel binocolo era stato in giro per tutto il mondo! Davide lo aveva riconosciuto subito.
Emozionato, prese il binocolo dal baule e ci guardò dentro. Ma rimase deluso: attraverso quel binocolo si vedeva male… Sembrava di essere di nuovo senza occhiali, come la prima volta lontano dalla lavagna.
Poi però si ricordò di nuovo le parole dell’indovinello: “Già quattr’occhi saran troppi:
ne bastan due senza raddoppi”. E se avesse provato a guardare nel binocolo senza occhiali? Forse la filastrocca si riferiva anche al tesoro nascosto nel baule, e non solo alla chiave.
Davide si tolse gli occhiali e guardò di nuovo dentro il binocolo. Incredibile! Si vede tutto! Era proprio come indossare i suoi occhiali, anzi, ancora meglio! Riusciva a vedere le cose più lontane ancora più grandi di com’erano in realtà! Sembrava una magia!
Davide non riusciva a credere ai suoi occhi. In una mano teneva gli occhiali, che adesso non mollava più neanche per un minuto, e nell’altra il binocolo del nonno, e intanto guardava fuori dalla finestra i merli intenti a cantare. E nel frattempo rideva ed esultava felice. «Vedo tutto! Vedo anche senza occhiali, mamma, papà! Venite a vedere!».

Binocolo

I genitori di Davide, che non erano certi di aver capito bene le parole di loro figlio, si precipitarono incuriositi e quasi leggermente preoccupati al primo piano della casa. Quando trovarono Davide con il binocolo del nonno in mano rimasero ancora più stupiti.
«Piccolo, ma dove hai trovato quello?» gli chiese la mamma.
«Nel baule, lì!» rispose Davide indicando lo scrigno in fondo alla camera. «È il binocolo del nonno, mamma! E posso guardarci dentro anche senza occhiali! È bellissimo!».
La mamma guardò il bambino con un sorriso dubbioso. Poi gli disse: «Però, piccolo mio, questo non vuol dire che non devi mettere più gli occhiali. Non puoi guardare sempre nel binocolo…».
Ma Davide la interruppe prima che potesse finire. «Non devo metterli più? Ma io devo metterli, mamma, per vederci come tutti gli altri». La mamma rimase stupita a sentire quelle parole, così come il papà dietro di lei. «Gli occhiali mi servono per sapere come ci vedono tutti. Però quando dovrò guardare le cose lontane userò questo, il binocolo del nonno, e non avrò bisogno degli occhiali per vedere.
E poi, quando vorrò vedere le lucciole anche di giorno o vorrò ricordarmi che forma ha la luce, mi basterà togliere gli occhiali e aprire gli occhi, proprio come faceva il nonno».
La mamma e il papà di Davide lo guardavano sbalorditi. Non avevano idea di cosa volesse dire “vedere le lucciole” o che forma avesse la luce, però in quel momento una cosa la videro con chiarezza: Davide sorrideva di gioia ed era fiero dei suoi occhiali e del suo binocolo. Niente aveva più importanza.
Entrambi gli si avvicinarono e lo strinsero in un forte abbraccio. Intorno a loro, brillava ancora qualche lucciola e i merli cantavano contenti.

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